
IL PAPPAGALLO
Chiunque nel dipartimento sapeva che il detective Weasel era un cane sciolto. Raddrizzato dopo un passato borderline, era il più abile cacciatore in circolazione. E l’omicidio di John Reiner, socio della Reiner & Lynch, era in un vicolo cieco quando gli fu assegnato il caso.
Weasel entrò nella stanza. Si accese una sigaretta. Fissò tagliente la donna seduta e iniziò il suo gioco: – Io evito i convenevoli, Signora Lynch. Entrambi sappiamo perché è qui. È l’ultima persona che ha visto Reiner vivo –
– …e ciò proverebbe che l’ho ucciso? – lo sfidò lei
– Certo che no. Ma il suo socio murato in una cassa le frutterà una fortuna e il pieno controllo della società. Lei è colpevole, Amanda. È stata scaltra ma non abbastanza. Ha perso un pezzetto del puzzle e io l’ho trovato –
La donna ricompose la propria spavalderia: – Stai bluffando –
Weasel le si avvicinò: – Il crimine esige perfezione. Nulla va sottovalutato. Dia retta a uno che la sa lunga –
Profonde crepe intaccarono la sicurezza di Amanda: – Sentiamo…quale sarebbe questa maledetta prova? –
Il detective azionò il registratore. Una voce scattosa riempì il silenzio: “Non sparare! Amanda! Non sparare!”
– La sua espressione vale mille parole, Amanda. Sì, a fregarla è stato un misero pappagallo. E ora, ne vogliamo parlare? –
Quando Weasel uscì dalla stanza, realizzò di aver messo a segno il suo colpo migliore. Quasi fuori dal dipartimento, il comandante Sweeney lo fermò: – Scusa, dove vai? E perché quel pappagallo? –
– Io me ne vado. E lui è con me –
– Aspetta. Sei riuscito a risolvere il caso? –
– Ci sono casi che nessuno risolverebbe. Neanche io. –