Il tuo volto è un uovo che si schiude ogni giorno
brucia come un fuoco striato d’ombre sull’altopiano
dentro a un cerchio di sassi.
Troppo dolore troppa poca pace
sulla tua fronte in sonno dadi d’ebano
che rotolano tra polvere e gocce di rugiada.
Che sia un segno, un monumento oppure un fossile
certo nel tuo volto c’è una bellezza troppo breve e netta
nitida di vita
qualcosa
che intimorisce e allontana
e poi richiama tutto a sé
come l’arco che si tende attrae la freccia.
Sperando che per me non sia troppo tardi
per ricordarlo.
La mia memoria invecchia precocemente
come un’eco che si frantuma tra i calanchi
oltre il disabitato terreno del sogno.
Tag: Gruppo LIT
Esce il 14 Luglio: ‘La poesia è morta e altri versi
Il 14 Luglio (..che data!!!) in uscita per Controluna–Gruppo Lit la mia nuova raccolta. Gli ultimi ritocchi sono finiti proprio ora. Uscirà online e in anteprima a Luglio in contemporanea con alcuni eventi e poi sarà in distribuzione fisica in libreria da Settembre.
Comincio da molti doverosi ringraziamenti….
Ringrazio Michele Caccamo per aver creduto nel progetto già nel 2019 e anche in piena emergenza, Gloria Di Rosa, cortese e attentissima Caporedattore e quanti hanno lavorato a rendere possibile la nascita di questo libro strano, diverso, insolito. In tempi così difficili e distopici è bello credere in una sorta di utopia letteraria. Forse sono proprio le utopie che ci salveranno. Del resto sono comi i fiori, crescono anche se nessuno li annaffia. Basta che ogni tanto qualcuno li degni di attenzione.
Nulla nel libro è quel che sembra..a cominciare dal titolo.
A Francesco Ricci, che ha curato in tempi record la bellissima prefazione, come suo stile acuta, oggettiva e niente affatto celebrativa, un sincero abbraccio.
Bookcity Milano 2019
Il nostro evento “Parole dolceamare e racconti in città” è previsto per il giorno 16 Novembre alle ore 16.00 in Corso Europa 9. Ringraziamo l’organizzazione.
Dolceamaro…continuano le presentazioni e cresce la presenza in libreria. Qualche immagine.Un grazie a tutti
Emersioni, aria nuova nell’editoria (e nel modo di farla)
Emersioni, casa editrice aperta alle tante novità: lo spazio per scrittori talentuosi e intraprendenti |
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Emersioni, talent scout per professione, ha lo scopo di far emergere e sostenere il vero talento nel mare magnum dell’editoria |
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di Giuseppe Chielli | |
«Emersioni nasce per dar spazio ai nuovi talenti, cerca autori rimasti nascosti e li fa emergere. È un talent scout, per professione». Una dichiarazione di intenti che, compendiata efficacemente già dal nome della casa editrice, ispira l’operato di un valido team con a capo un timoniere navigato: Michele Caccamo, scrittore e poeta nonché editore.
Una dichiarazione di intenti che diventa realtà, dal momento che si tratta di una casa editrice non a pagamento, che dunque non richiede ai propri autori alcun contributo che non sia il talento e l’intraprendenza. Questo mese, con occhio particolare, si analizzerà dunque la Emersioni editore, nata “da una costola” della Castelvecchi – di cui era in precedenza collana – e divenuta recentemente casa editrice autonoma all’interno del medesimo gruppo Lit. Il catalogo e le novità Bottega editoriale e le novità di Emersioni Giuseppe Chielli (direfarescrivere, anno XV, n. 161, giugno 2019) |
Rubrica Fiction & Libri: recensione per Dolceamaro
A Francesco Ricci un sentito grazie.
Articolo su Sienanews di oggi – Fiction & Libri, Magazine
In un romanzo, come è noto, l’incipit riveste grandissima importanza. Lo sanno bene gli scrittori, che giocano con le numerose variazioni che esso offre (la modalità incipitaria abbraccia, infatti, la descrizione di un luogo, una riflessione filosofica, una cornice, la presentazione del narratore, una conversazione già iniziata), lo sanno bene i lettori un po’ scaltriti, che possono riconoscere senza troppe difficoltà quale patto narrativo gli viene proposto. Anche in presenza di una raccolta di racconti, però, gettare uno sguardo d’insieme sui diversi incipit dei testi che la compongono può risultare un’operazione tutt’altro che inutile.
Consideriamo, ad esempio, l’ultima fatica letteraria di Massimiliano Bellavista, “Dolceamaro” (Lit edizioni). Scorrendo le prime righe degli otto racconti, accade di imbattersi ora in un narratore interno ora in un narratore esterno, ora in uno spazio consueto e riconoscibile ora in uno spazio indistinto, ora in una cornice temporale ben determinata ora evanescente, in un caso perfino fiabesca (“C’era una volta un re, che pianse e si disperò…”). La stessa presentazione dei personaggi pare sottrarsi a ogni criterio di univocità, pur rifuggendo costantemente dal ritratto-descrizione accurato e definitivo. Se insisto su questi aspetti tecnici, è perché con “Dolceamaro” ci troviamo al cospetto di un’opera nella quale a essere centrale è proprio la scrittura. Con questo non intendo certo dire che non sia importante quanto ci viene narrato; voglio semplicemente riconoscere il primato del “come” sul “cosa”.
Raffinato lettore e profondo conoscitore della letteratura (specie postmoderna), Bellavista ricorre a una “scrittura di secondo grado”, vale a dire una scrittura nella quale gli echi, le riprese, le citazioni, i rimandi alla tradizione (l’immensa biblioteca universale) abbondano e fanno dello scrittore una sorta di “bricoleur”, attento a individuare e a ricontestualizzare non semplicemente tessere narrative e immagini, ma anche un tono, un ritmo, un’atmosfera incontrata in un altro autore. E tuttavia sbaglieremmo a considerare “Dolceamaro” alla stregua di un elegante gioco formalistico-retorico, una sorta di pezzo di bravura. Percepibile, infatti, è la funzione difensiva che la scrittura è chiamata da Bellavista a svolgere, pagina dopo pagina.
Difensiva rispetto a cosa? A un’esistenza (la propria, quella di tutti gli uomini) che non lascia intravedere né significati ultimi né direzioni, che procura ferite e traccia solchi tra le persone, e che solamente se assunta sul piano dell’arte (il libro) può essere almeno in parte capita e in parte addomesticata. La stessa centralità della similitudine – autentico marchio della scrittura di Bellavista – con funzione spiccatamente comunicativa offre testimonianza, a livello stilistico, di come i racconti di “Dolceamaro” nascano dal proposito di reagire all’angoscia che afferra l’autore ogni volta che la verità dell’esistenza (il dolore, la latitanza di senso) si mostra in tutta la sua incontrovertibile evidenza. Il passo che segue è tratto dal primo racconto, intitolato “La città e i suoi falsi santi”.
“Per la prima parte del percorso Momo e io procediamo in silenzio, lentamente, molto lentamente. Se i nostri piedi fossero strumenti musicali e la nostra passeggiata notturna uno spartito punteggiato di passi si direbbe che camminiamo più o meno in quattro quarti. Momo dice che la città da tempo non dorme e che compiere una passeggiata notturna non significa andare ambiziosamente a caccia del mistero, del diverso o di chissà quale sogno da realizzare: significa semplicemente vederla nel suo momento più vitale. Di giorno la città è quasi morta, se fosse un corpo si troverebbe in una sorta di coma farmacologico, proverebbe troppo dolore a svegliarsi, scoprendosi vuota. Di giorno tutti si spostano verso le periferie come fanno i pesci che chissà perché nuotano sempre lungo il bordo esterno dell’acquario. Di notte invece tutto torna in ordine. Di notte la città ha davvero gli abitanti che conta all’anagrafe, le case si animano e si riscaldano, i suoi miliardi di tubazioni fremono come vene in preda all’eccitazione, il tanto spazio lasciato vuoto viene occupato da corpi in movimento. Di notte si ha il tempo per mettere mano a quello che i giorni frenetici vissuti a chilometri di distanza impediscono di fare”.
Dolceamaro a Salone del libro di Torino 2019: come è andata
Un sentito grazie a Fulvio Mazza (Bottega editoriale) e Natale Antonio Rossi (FUIS) per l’evento pomeridiano e a Michele Caccamo per l’incontro della mattinata presso lo stand del Gruppo LIT (http://www.castelvecchieditore.com/)
Oggi al Fringe a Roma /today at the Fringe Festival in Rome