Dalla baia di Kruna andando verso le montagne cercando il cielo chiuso in una grotta
Anche oggi ho cercato il cielo
Sono giorni che lo cerco tra orizzonti chiusi e senza espressione
Ma senza ansia, l’aria per ora mi basta
Qui non c’è molta gente
Di giorno i pescatori sono al largo a seguire magre onde
I bambini illuminano i cortili bassi e oscuri con le gocce dei loro occhi grandi
E poi conviene stare al chiuso
Ci sono fortunali che strisciano sul mare
E passano e lasciano il segno sulla schiena schioccando come fruste.
Sono giorni che cerco il cielo
Ma senza convinzione
Come qualcosa che solo per qualche tempo si è perso a casa propria
Così oggi ho deciso di sviscerare
La grotta in cui ho dormito
Perché fuori l’orizzonte era una porta chiusa
Dicono sia magica dicono che respiri ma per ora emette solo silenzi
Ho deciso di accostarmi alle pareti grondanti del suo immenso stomaco muschioso
Le sento ruminare attorno a me
digerire ancora la tempesta di ieri
quella che si è aperta più in alto
tra le montagne
La mia esplorazione si è chiusa sul cul-de-sac
Di un muro istoriato di quarzo
Quando ormai camminavo carponi.
Sono uscito che faceva buio
Un po’ formica un po’ talpa
e cielo non c’era ancora
Era tutto grigio forse ero ancora nella grotta.
Ma c’era una strada che ho seguito
Una strada che non c’era ieri
Oltre una salita la svolta,
la strada d’improvviso si è allargata e mi si è aperta in gola come un vino novello
al sapore di salmastro si è sostituita la polvere.
Ecco squadernarsi il vento teso ma gentile dell’altopiano.
C’era la tua porta
Aperta per caso, poi per curiosità, poi per compassione
La tua casa era la prima del nuovo mondo
I tuoi occhi i primi che vedevo in tutto quel giorno
Nella tua casa ho portato solo me stesso
Zaino, scarpe tutto abbandonato in veranda, sporco di mondo
come la pelle di un serpente accanto al tuo bucato steso
ruvido ma profumato
Sono stato lupo alla tua tavola
Ridevi mettendoti le mani sulla bocca e sul petto
Il riso fumante era ocra e verde
I tuoi capelli lunghi
Il pane soffice e pieno d’aria
La bocca un fico maturo
Ti ho seguita docile nel tuo letto
Ho conosciuto il pendolo del tuo corpo, una storia narrata stentando nella mia lingua
Una nella tua che raccontavi ad occhi chiusi
E poi ricordo il mio sonno e quattro brevi sogni d’acqua
Circolari e confusi
E in mezzo un abbraccio di lana nera e ricami di luce boreale
Che venivano dalla costa sorridendoci sulla parete
Non so non riesco a ricordare se tu hai mai davvero dormito
Un po’ strega un po’ madre
La mattina quando sono uscito
Ho trovato di nuovo il pane e una brocca d’acqua ad aspettarmi e il cielo
Aperto come un ventaglio di vento leggero
Mi diceva che la marea era favorevole ai miei passi
Che dovevo riprendere le mie cose e imbarcarmi sul sentiero
Tu eri andata via, la tua vita
ortogonale al sentiero del mio viaggio proseguiva nel grappolo di tozze case verdi
che mi stava a circa cento metri dalla parte del cuore
un cestino di tuberi oblunghi, in mezzo a giardini di rose
di cui mi sembrava a tratti di sentire l’odore
da cui mi sembrava venisse un calpestio di passi di corsa
e un susseguirsi di voci ritmate che mormoravano filastrocche.
La tua casa buia conchiglia vuota sull’altopiano
Sembrava adesso più grande ma non mi pareva la stessa
Perdeva ombra viscida sulla strada
Come un mollusco marcio sulla battigia
La tua casa faro spento emorragia di vuoto
Faceva male, mi bruciava sulla schiena
Mi feriva la nuca
Indicava l’unica rotta da non seguire
L’unica meta da non sperare
Diceva di non voltarmi perché una notte non si confronta con una vita
Diceva che la mia memoria è un armadio pieno
Che dietro di me ci sono già troppe cose che sono rimorso
Molte che sono assordante rimpianto
Diceva di non essere debole
Ma è una grossa lacrima sulla mia schiena ancora oggi
La cruna dell’ago del tuo abbraccio.
XIC
(Annotato alla pagina di un diario 23-11-2001)